È giusto scrivere un libro con l’Intelligenza Artificiale generativa?

L’intelligenza artificiale generativa sta conquistando sempre più spazio e potere nel mondo dell’editoria, proponendosi come concorrente e sostituta per la scrittura e revisione dei testi. Ma è davvero così utile ed è giusto utilizzarla per scrivere libri? Analizziamo insieme i diversi aspetti di questa novità nel nostro articolo.

Intelligenza artificiale generativa: una novità per il mondo della scrittura 

Negli ultimi mesi, il web è stato invaso da una quantità spropositata di notizie riguardanti l’uso dell’intelligenza artificiale (o IA) generativa per la scrittura di testi. ChatGPT, Jasper, Writesonic e Copy AI sono solo alcuni dei tools che vengono impiegati nell’ambito del web writing, del copywriting e per la generazione di articoli e contenuti social. 

Ma non solo: un numero sempre maggiore di aspiranti autori sta iniziando a servirsi di questi software per la scrittura di libri, trattando l’intelligenza artificiale come una sostituta della creatività umana.

È naturale quindi domandarsi come funzionino questi tools e soprattutto quali siano le problematiche legate al loro uso. 

In questo articolo, cercheremo di fare un po’ di chiarezza sul dilemma etico nato dall’utilizzo di questi programmi, attraverso la comprensione dei meccanismi che si trovano alla base dell’intelligenza artificiale e tramite l’analisi dell’esperienza concreta in campo editoriale.

Le reti neurali e la nascita dell’IA generativa

Prima di iniziare facciamo un passo indietro.

L’IA generativa è l’ultima evoluzione dell’intelligenza artificiale. Mentre in passato i programmi erano solamente in grado di riconoscere la differenza tra elementi diversi (IA discriminativa), oggi hanno la capacità di generare contenuti nuovi e unici.
I moderni sistemi di IA generativa si basano sull’imitazione del funzionamento delle reti neurali. Ma di che cosa si tratta? 

I neuroni sono cellule presenti nel nostro cervello e le unità fondamentali del sistema nervoso. Il loro principale compito è lo scambio di informazioni: la cellula neurale, infatti, riceve input dagli altri neuroni, li elabora e, infine, invia un output al neurone successivo. 

Alla fine degli anni ’50, lo psicologo Frank Rosenblatt ha fatto alcune scoperte rivoluzionarie sul processo di comunicazione delle reti neurali. La rivelazione che è risultata più utile per il funzionamento dell’IA generativa è stata la seguente: la soglia di attivazione dei neuroni e il conseguente invio dell’output non possono essere predeterminati, ma solo ipotizzati. I neuroni, quindi, non sono sistemi deterministici, ma oggetti statistico-probabilistici. 

I programmi di intelligenza artificiale, nel momento in cui producono testo, operano esattamente nello stesso modo: secondo una funzione probabilistica. 

Token, embedding e prompt

Dopo questa premessa, cerchiamo di capire meglio i meccanismi dei software che generano testi e come viene applicato il principio di probabilità. 

I tecnici e i ricercatori, che si occupano di intelligenza artificiale, addestrano i programmi fornendo loro una grande quantità di corpora testuali. Il singolo corpus viene poi suddiviso dal software nei cosiddetti token, ovvero singole parole, di cui il tool memorizza non solamente la scrittura corretta e il significato, ma anche la sua occorrenza e il contesto in cui viene usato. 

Qui inizia la fase più complessa e in parte ancora oscura agli studiosi. Una volta che i corpora sono stati interamente tokenizzati, il programma crea, per ogni parola, una matrice numerica, ovvero un insieme di valori matematici che rappresenta le sue caratteristiche sintattiche e semantiche. Questo passaggio è conosciuto come embedding. 

Ogni parola viene quindi definita attraverso l’analisi delle aree semantiche in cui quel token viene utilizzato, mentre il suo valore numerico è ottenuto attraverso il confronto con altre parole dello stesso campo.

Che cosa significa?

Consideriamo, ad esempio, la caratteristica della “velenosità”. In questa area di significato, attingendo ai corpora forniti, potrebbero comparire diversi animali, come serpenti, ragni, scorpioni e pesci. In base al contesto, il programma assegnerà ad ognuno di loro un valore numerico a cui corrisponde un differente grado di “velenosità”. Ciò consente al software di comprendere la probabilità che, in un contesto in cui è presente quel determinato campo semantico, compaia un animale piuttosto che un altro. 

Questo metodo permette di tradurre il significato e l’uso dei singoli token in un linguaggio comprensibile alla macchina. 

Un processo simile si verifica quando noi utenti comunichiamo con i programmi di intelligenza artificiale. La nostra richiesta, conosciuta come prompt, viene suddivisa in token e le singole parole sono analizzate sulla base delle matrici già presenti nel software. La macchina comprenderà quindi quali sono i token più rilevanti della nostra richiesta e, per costruire il testo di risposta, procederà parola dopo parola, ipotizzandone la correttezza sulla base del contesto fornitogli.   

Abbiamo fatto luce sui meccanismi che permettono all’IA di produrre testi complessi ma torniamo alla domanda iniziale:è  davvero così utile ed è giusto utilizzarla per scrivere libri?

L’intelligenza artificiale per la scrittura di libri

Il funzionamento di questi programmi dovrebbe essere ora più chiaro. In che modo vengono però concretamente utilizzati per generare testi?  

La diffusione di software facilmente accessibili ha convinto diversi aspiranti autori di poter scrivere un libro in modo facile, veloce e senza nessuno sforzo. 

Alcuni autori utilizzano l’intelligenza artificiale come supporto durante la fase di correzione del testo, per ottenere interventi di carattere minore, come semplici rielaborazioni di frasi o paragrafi; altri, invece, affidano l’intero processo di creazione del libro all’intelligenza artificiale. Questo metodo viene di solito utilizzato da coloro che ritengono di non avere le competenze necessarie per scrivere un romanzo; oppure da chi non ha sufficienti conoscenze per trattare un argomento di suo interesse e considera quindi questi programmi come fonti di sapere. 

Ma come mai questo modo di approcciare la scrittura è sconsigliato e, soprattutto, poco efficace?

Come professioniste del settore, ci siamo imbattute spesso in libri interamente realizzati dall’IA generativa. Durante la loro lettura, è stato inevitabile notare alcune caratteristiche comuni. 

Per quanto l’intelligenza artificiale tenti di produrre testi unici, ogni software ha il proprio stile di scrittura e ciò rende l’impiego di questa scorciatoia terribilmente evidente. I prodotti testuali risultano quindi assimilabili.
Inoltre, mentre la correttezza grammaticale e ortografica è piuttosto alta, il contenuto lascia molto a desiderare. I testi, infatti, sono spesso poveri di sostanza e significato. Il concetto principale tende ad esaurirsi nella frase introduttiva e il testo che segue è una semplice ripetizione di ciò che è già stato comunicato. Il risultato, quindi, è un prodotto testuale privo di contenuti reali e di valore. 

Allarghiamo gli orizzonti: dalla scrittura al mondo dell’editoria

Dopo aver valutato i risultati ottenuti, alcune domande sorgono spontanee: l’IA generativa può comunque essere utilizzata in campo editoriale? E qual è l’impatto sulla creatività umana e sulla realizzazione di prodotti culturali di valore?

Gli aspiranti autori non sono infatti gli unici a ricorrere a questi programmi. Professionisti che operano in ambito editoriale, come editor o correttori di bozze, sfruttano questi software per revisionare manoscritti, riscrivere parti di testo poco comprensibili o inadeguate, oppure per raccogliere nuove idee. 

L’uso dell’intelligenza artificiale, se giustificato e limitato, può apportare alcuni vantaggi, ma i suoi prodotti mostrano segnali chiari dell’assenza della creatività e sensibilità umana. 

I corpora di addestramento forniti all’IA generativa sono ampi e coprono innumerevoli argomenti e contesti diversi. Nonostante gli esempi forniti, i programmi non sono ancora in grado di cogliere tutte le sfumature di significato del linguaggio e, di conseguenza, alcune parole vengono utilizzate in modo non corretto o in contesti totalmente errati. Risulta perciò rischioso, se non addirittura dannoso, affidarsi completamente all’intelligenza artificiale per la correzione dei testi. 

Ii software più moderni, inoltre, non sono dotati della sensibilità necessaria per gestire correttamente la componente emotiva all’interno del testo. Le emozioni sono un elemento fondamentale nella costruzione della narrazione perché rendono la storia credibile. Questo porta il lettore a sentirsi coinvolto e a immedesimarsi nella vicenda. Una gestione inappropriata della componente emotiva può rendere il testo piatto e poco reale.

Affidarsi quindi all’intelligenza artificiale per revisionare oppure redigere l’intero testo produce narrazioni spesso scadenti. 

Coloro che si ritengono esperti in un certo campo o che desiderano semplicemente pubblicare la propria storia possono affidarsi a professionisti del settore che, attraverso l’esperienza, si prendono cura del testo. Ne risulterà un prodotto ricco di significato, il cui valore verrà percepito dal lettore. 

 

La scelta di ProgettoLibro

La nostra agenzia offre servizi editoriali che spaziano dalla scrittura del testo alla promozione del prodotto editoriale. In qualità di professioniste del settore editoriale abbiamo osservato in prima persona il lavoro dell’intelligenza artificiale nelle diverse fasi di creazione di un libro. 

Abbiamo compreso che un algoritmo non può sostituire un lavoro che non è meccanico. Per correggere o rielaborare i testi è necessario conoscere il significato delle parole nei diversi contesti; editare, correggere o scrivere un libro richiede creatività, conoscenza della struttura della storia e uno stile di scrittura unico, adattato al tipo di narrazione. Ma, soprattutto, è essenziale che un libro trasmetta sempre un contenuto.

Lavorare con testi scritti dall’intelligenza artificiale ha reso evidente come sfruttare questi programmi per colmare le lacune oppure per ovviare alla mancanza di conoscenze e competenze non sia una soluzione utile, né per l’autore né per il lettore. 

I libri devono essere portatori di un valore unico, che non è solo il frutto del lavoro dello scrittore, ma anche della passione e del talento di un professionista. Un tipo di valore che le macchine non sono in grado di eguagliare. 

 

Per noi è importante condividere con la nostra community il nostro punto di vista sull’utilizzo dell’IA nel mondo dell’editoria. Avendo lavorato su diversi testi scritti integralmente o parzialmente grazie all’intelligenza artificiale abbiamo ritenuto utile affrontare l’argomento. 

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